sabato 24 dicembre 2011

Blogghetto e Pitagora citatati da Pagina 3 su Radio 3


Alcuni tra i lettori e gli amici del Blogghetto conoscono già la mia passione per Radio Tre. La mia quotidianità, anche lavorativa, è accompagnata dalle trasmissioni della più interessante tra le radio italiane. Fortunatamente il lavoro che faccio mi consente di tenere la radio accesa quasi tutto il giorno. Che poi, in realtà, risiedendo in Germania, non uso la radio tradizionale per l'ascolto, bensì la diretta web. Ma visto che in questi giorni mi trovo in Italia stamane stavo ascoltando Radio 3 usando l'apparecchio radiofonico tradizionale.
E con grande sorpresa, alla fine di Pagina 3 - una delle mie trasmissioni preferite - ho sentito la conduttrice - Alessandra Tarquini - citare il Blogghetto e i miei lavori su Pitagora e dintorni. Ora il riferimento al Blogghetto si trova anche sulla pagina della puntata. Includerò qui il riferimento alla registrazione della puntata non appena sarà disponibile in rete.
Penso che non ci sarebbe potuto essere regalo di Natale migliore per il Blogghetto e  Pitagora e dintorni.

martedì 22 novembre 2011

Le lezioni di Eratocle: il teorema di Pitagora (prima parte)



Purtroppo l'intervista che avevo programmato per questo nuovo racconto è saltata. Per quale motivo? Il  motivo è che l'ultimo sistema operativo rilasciato da Mῆλον conteneva un baco che ha fatto bloccare tutti gli adePhone 5. Tutti i centralini di Mῆλον sono intasati e circola già qualche voce di possibile bancarotta e di sostituzione del consiglio di amministrazione con un consiglio tecnico. Ma questa è un'altra storia.
Tornando all'intervista, alla fine ho pensato che l'unica possibilità per salvare il pezzo sarebbe stata quella di impegnarmi in una catàbasi: la leggendaria discesa (non in campo ma bensì) nell'Ade. E così, come fece il mio collega Orfeo molti anni or sono, mi sono recato a Cuma, sono disceso nell'Ade ed ho convinto Cerbero a cedermi una copia della biografia di Pitagora; quella che il giovane pitagorico Fulivao scrisse basandosi sulle memorie narrategli dal maestro pochi giorni prima della sua dipartita verso i Campi Elisi.
Convincere Cerbero non è stato facile. Il guardiano/centralinista ha ceduto solo dopo una serie di acquisti che mi ha ridotto quasi sul lastrico. Mi ha inoltre fatto firmare la postilla secondo cui avrei dovuto mantenere il libro dietro alle spalle per tutto il percorso di ritorno al mondo dei vivi: senza mai voltarmi a guardarlo; pena la pietrificazione istantanea. Non contento, il perfido cane tricefalo ha anche immediatamente mobilitato i suoi fratelli Idra, Ortro e Chimera disseminando il percorso di insidie e trabocchetti per farmi infrangere il patto. Ma io ho resistito, anche se le agghiaccianti urla di Idra a pochi metri dietro le mie spalle stavano per farmi voltare; e ora sono qui a leggervi la storia delle lezioni di Eratocle. L'unico problema è che da quando sono tornato dall'Ade sento una strana pesantezza su tutto il corpo. Per cui mi risulta poco agevole sfogliare le pagine. Quindi tra la lettura di una pagina e l'altra potrebbe trascorrere qualche giorno. Cominciamo con la prima pagina.


Quella mattina Eratocle si era svegliato molto presto, aveva mangiato e quindi si era messo a girovagare per le stanze senza uno scopo preciso. Poi aveva deciso di avviarsi lentamente verso la scuola. Quando giunse sulla porta d'ingresso vide che il cortile era semideserto. Diede uno sguardo all'ombra che lo gnomone proiettava sulla superficie sferica dell'orologio solare e si accorse che era ancora presto. La cosa non gli dispiacque: avrebbe avuto più tempo per controllare che tutto fosse predisposto per la lezione. Come si aspettava, l'aula era vuota. Cominciò a disporre stili, tavolette cerate e figure geometriche di legno. Quello era tutto il materiale che gli sarebbe servito per la prima lezione. La lezione in cui venivano fornite le basi aritmetiche e geometriche dei pitagorici. Le lezioni successive le avrebbero usate per esplorare le molteplici manifestazioni dei numeri: nella musica, nel moto degli astri, nell'universo. Era la prima volta che ad Eratocle veniva affidato il compito di impartire un ciclo di lezioni a un giovane matematico. Eurito era stato appena giudicato idoneo per il passaggio dal ruolo di acusmatico a quello di matematico e quel ciclo gli sarebbe servito per apprendere la versione più recondita delle conoscenze dei pitagorici: quella a cui si accede solo dopo essere stati iniziati ed aver compreso la profondità del concetto di dimostrazione; quella necessaria per poter accedere alle lezioni del maestro e comprenderle.
Le lezioni erano individuali e segrete in quanto in esse veniva esplorato e disvelato tutto il sapere dai pitagorici. Anche quello potenzialmente pericoloso che veniva custodito con la massima cautela. Eratocle era cosciente dell'importanza del suo ruolo. Ne sentiva la responsabilità e subiva la pesantezza di quel gravoso fardello. Proprio per questo voleva dare il meglio di sé e aveva speso giorni per prepararsi nel modo che riteneva più appropriato.
Eurito bussò alla porta ed entrò.
 - Accomodati pure - gli disse Eratocle. Dopo aver simulato per qualche istante un'impegnata lettura, il samio continuò: - Eurito, penso che tu sia consapevole dell'importanza di queste lezioni e di quanto esse siano fondamentali per acquisire le basi necessarie al tuo nuovo ruolo di matematico. Solo attraverso esse potrai arrivare ad incarnare tale ruolo in tutta la sua appagante interezza.
- Sì maestro, ne comprendo appieno l'importanza - rispose il giovane annuendo.
Sentirsi chiamare maestro lo metteva sempre di buon umore. Soprattutto quando a farlo era un matematico. - Per cominciare dovremo affrontare gli aspetti fondamentali del nostro pensiero - riprese Eratocle. - Partiremo dalla geometria e dall'aritmetica. E in particolare dalla prima importante nozione geometrica acquisita dal maestro: il teorema di Pitagora.
- Sì, la formula che il maestro apprese dai sacerdoti di Tebe - rispose Eurito.
- Ecco, finora quella per te è stata una formula - replicò Eratocle con un sorriso di commiserazione - ma da oggi essa diventerà un teorema. E vedendo come da semplice formula la trasformeremo in teorema comincerai anche ad appropriarti del concetto di dimostrazione. Quel concetto che Pitagora imparò a Mileto dal grande Talete e che applicò a quella formula elevandola così, primo tra tutti gli uomini, al rango di teorema. Quello che tutti avevano usato in precedenza per scopi pratici egli lo dimostrò. Svelando in tal modo l'intima natura di una così profonda correlazione universale che sussisteva sia tra le figure geometriche sia tra i numeri.
- Sarà un onore e una gioia per me apprendere cotanta sapienza - rispose Eurito con un'intonazione altisonante. Il giovane non mentiva. Nei sui occhi ampli e illuminati Eratocle lesse l'impazienza e l'entusiasmo del giovane assetato di sapere; ma ciò che lo gratificò ancora di più fu l'ammirazione per il maestro che traspariva dallo sguardo del giovane.



...continua...

lunedì 14 novembre 2011

Carnevale della Matematica #43

Το Παν είναι Αριθμός?


Sono ormai quarantadue mesi, esattamente tre anni e mezzo, che nel quattordicesimo giorno di ogni mese il Carnevale della Matematica viene ospitato da un volenteroso della blogsfera italiana. E dopo aver contribuito per ventisette edizioni mi sono deciso ad ospitarne uno anch'io: il numero quarantatré.

Benvenuti quindi alla quarantatreesima edizione del Carnevale della Matematica, il cui tema non obbligatorio è:

Da dove proviene la matematica?

Già in questa breve introduzione sono saltati fuori cinque numeri interi: 42, 3, 14, 27 e 43. Chissà se avranno qualche proprietà in comune o se usciranno come cinquina alla prossima estrazione del lotto?

Ma lasciando che le risposte fluttuino nell'aere, come da tradizione, cominciamo con qualche parola sul numero di quest'edizione: il 43.
E qui salta fuori la prima nota dolente: il limitato interesse che nutro per la teoria dei numeri. Quindi, per trarmi d'impaccio, mi servirò di uno strumento che i lettori di questo blog o del Blogghetto conoscono già: l'adePhone 5. Con il φιχιfonino oltretombale di Mηλον, che consente di effettuare collegamenti iperspazio-temporali retrogradi, chiederò informazioni sulle proprietà del numero 43 direttamente a Pitagora di Samo: il grandissimo filosofo, mistico e teorico musicale nonché inventore del termine "matematica".

Allora, componiamo il numero:  101 010 10.

- Το Παν είναι Αριθμός!
- Illustre Pitagora, che piacere risentirvi!
- Ah, è lei! Devo confessarle che queste sue chiamate cominciano a far piacere anche a me. Sa, qui nei Campi Elisi le giornate sono un po' tutte uguali. A proposito, mi è giunta voce che il prossimo Carnevale della Matematica l'ospiterà lei.
- Ehm, sì, infatti è proprio questo il motivo per cui vi chiamavo... Mi servirebbe un aiutino per l'introduzione che sto scrivendo sulle proprietà del numero quarantatré.
- Ho capito. Siamo alle solite. Voglio proprio vedere quando si deciderà a colmare queste lacune in fatto di teoria dei numeri!
- Presto, molto presto maestro. Ma ora vi prego, non lasciatemi senza informazioni. C'è pure lo sciopero di Wikipedia. Come farei a portare a termine il Carnevale?
- Va bene. L'aiuterò. Ma lei sta cominciando ad approfittarsi un po' troppo della debolezza dei miei 2586 anni. Allora, vediamo. Il numero 43. Be', ai miei tempi lo si indicava con:
|||oooo
E  a quei tempi avrei detto che nella sua natura sono iscritti la Triade: il simbolo del maschile, del definito e del limitato; e la Tetrade: il simbolo della giustizia.
- Sì, ma io pensavo a qualcosa di più moderno. Al Carnevale non posso presentare la Triade e la Tetrade mi radierebbero immediatamente.
- Be', allora se vuole sentirsi elencare quelle diavolerie dei moderni teorici dei numeri, comincerò con una mia antica passione e prima di tutto le dirò che 43 è un numero primo ettagonale centrato. Poi le posso anche dire che è il gemello di 41, il terzo numero di Wagstaff, il terzultimo numero di Heegner, il quarto termine della successione di Sylvester, il più piccolo primo non cheniano. Le basta o devo andare avanti?
- No, no, per carità maestro, basta così.
- E poi c'è un'altra cosa che volevo dirle. Il suo tema è: Da dove proviene la matematica?
- Sì, perché?
- È una domanda retorica! Tutti sanno che i numeri non hanno provenienza. Essi sono il principio primo da cui noi abbiamo avuto origine; da cui la terra, gli astri e persino i nostri dèi hanno avuto origine. Il Numero! Esso è il demiurgo del noto e dell'ignoto.
- Be', sì... Comunque penso che sia arrivato il momento di presentare i carnevalisti con i loro contributi. L'etichetta vuole che si parta dai nuovi ingressi, ma visto che non ce ne sono osserveremo semplicemente l'ordine cronologico d'arrivo del contributo. Creiamo un po' d'atmosfera per la parata di articoli.



Mariano Tomatis dal suo blog ci invia Un laboratorio di magia e matematica, in cui mostra come la magia dei prestigiatori possa essere usata a scuola per stimolare la curiosità degli studenti e propone agli insegnanti di matematica o informatica un modello di insegnamento che prende spunto dall'illusionismo. Il post fornisce anche il materiale con cui intrattenere per qualche ora gli studenti con un'indagine matematica non banale, che prende il via da un gioco di prestigio.


Rosalba di Crescere creativamente ha scritto Conte d'Italia. Un post che ci porta in viaggio per le regioni d'Italia attraverso le conte. Chi ha ha fatto esperienza di gioco nei vicinati sa bene come s'imparassero, attraverso questi brevi nonsense, alcuni concetti matematici di base e ha sperimentato a sue spese l'abilità di alcuni nel calcolare con furbizia, come contare per selezionare la squadra migliore.


Annarita Ruberto da Matem@ticaMente ci manda Storie Di Numeri Di Tanto Tempo Fa - Capitolo 9: il nono capitolo della traduzione del libretto originale di David Eugene Smith, "Number Stories Of Long Ago", che Anna Cascone ha scritto appositamente per Matem@ticaMenteLa Lumaca Caduta Nel Pozzo: un quesito sul tempo impiegato dalla povera lumaca a riemergere dal pozzo con relativa Soluzioni Dei Ragazzi; tre post per la Costruzione del Tangram, l'Addizione Di Frazioni Con Diverso Denominatore e il Prodotto Di Due Frazioni attraverso l'uso di GeoGebra; e infine un interessantissimo post sulla storia pre-greca dei numeri: La Storia Dei Numeri.


Da Marco F. Barozzi alias Popinga:
Geometria dei cruciverba – Gli schemi del passatempo delle parole crociate hanno stimolato la creatività degli artisti più giocosi e provocatori, da Geoges Perec a Paolo Albani. Ma una griglia non è altro che una tassellatura regolare del piano, che si può ottenere solo con caselle a forma di triangolo equilatero, di quadrato o di esagono regolare, tutti poligoni che consentono di ritornare sulla figura di partenza dopo un numero intero di rotazioni. Nulla vieta di ricoprire il piano in altri modi, che però sarebbero assai poco funzionali al gioco.
A che cosa serve la matematica? – Le possibili risposte all’eterna domanda degli studenti possono variare a seconda della situazione, dell’interlocutore, dell’umore del momento. Ispirato dall’articolo di una blogger matematica francese, che ha consigliato cento possibili risposte, mi cimento anch’io nell’impresa, suggerendone altre cinquanta, forse più adatte al pubblico italiano.


Sapete che il "Compasso d'Oro" è il più autorevole premio mondiale di design? Se pensate che si chiami così perché regalano una statuetta di metallo prezioso vi sbagliate. Il perché ce lo racconta uno che lo ha vinto nel 1998: Claudio Pasqua. È da quel nome che il fondatore di Gravità Zero parte per poi parlarci di uno dei "grandi tesori della geometria" in: IL NUMERO DIVINO NON L'HA SCOPERTO DAN BROWN.
L'articolo sarà anche pubblicato a breve sulla rivista per ragazzi Mondo Erre.


Piotr Rezierovic Silverbrahms ci scrive: Con il nostro usuale anticipo sul resto del mondo nonché eccellente aderenza al tema proposto, veniamo ad elencarti i nostri contributi, o sommo Dioniso.
Per la salsa germanico-novembrina, siam qui a proporti:
Per la serie “compleanni”, quello di Wren, scritto per l’occasione (quale occasione?) dalla nostra benemerita Alice: 20 Ottobre 1632 – Buon compleanno Christopher!
Un post piccolo piccolo, con un quesito piccolo piccolo, che inaspettatamente ha ottenuto il maggior numero di commenti della storia del blog: Quick & Dirty – Ponti pericolanti
Poi il post istituzionale, quello che contiene la soluzione al problema del mese pubblicato su “Le Scienze”: Il problema di Ottobre (518) – Una moneta a me, una moneta a te
L’appena uscita ultima puntata della Trilogia sui Frattali, parto del sommo Rudy D’Alembert: Roba da islandesi III
E infine il non-post (o meta-post, super-post?), ovvero il solito numero della prestigiosa e-zine di matematica ricreativa, RM154.


Maurizio Codogno contribuisce con tre articoli dal Post:
Numeri altamente composti - Basta con le divisioni che non terminano mai! O almeno cerchiamo di ridurle al minimo indispensabile. E come? Con i numeri altamente composti...
Un quizzino di probabilità - Domandare è facile, ma quando la domanda è autoreferenziale non è detto che la risposta esista!
Media aritmetica e geometrica - 
Dimostrare che la media aritmetica è sempre maggiore o uguale della media geometrica non è difficile, ma farlo in maniera inventiva può essere divertente.
Due post dalle Notiziole di .mau.:
- la recensione di Dante e la matematica - 
Oh che grullo l'era il Dante de li Alaghieri!
Troppa grazia santa Wikipedia! - 
sei miliardi di voci sono forse un po' troppe, no?
E infine con le slide (annotate...) del suo intervento al Festival della Scienza a Genova:



Roberto Zanasi ha scritto: Una battuta matematica che non fa ridere; e l'interessante dittico: Sulla legge dei grandi numeri e problemi affini, dove si analizza il fatto che se il rapporto tra due quantità tende a 1 questo non significa che la loro differenza tende a zero, e, in più, si parla della legge dei grandi numeri e dei numeri ritardatari; Perché proprio la radice di n?, che completa il post precedente spiegando come mai, nel lancio di una moneta, la differenza tra numero di teste e numero di croci varia come la radice quadrata del numero di lanci.


Leonardo Petrillo da Scienza e Musica contribuisce con il Metodo di Gauss-Jordan e sue originiPartendo da una premessa storica sulla geometria e sull'algebra lineare, e da ad alcune nozioni fondamentali di quest'ultima, l'articolo analizza e spiega il metodo di eliminazione di Gauss-Jordan, inerente i sistemi di equazioni lineari. Nella parte conclusiva viene analizzato l'aspetto storico del suddetto metodo: esso ha origini molto più antiche rispetto allo sviluppo formale fornitogli, nel XIX secolo, dal "princeps mathematicorum" Gauss e da Wilhelm Jordan. Infatti, le basi di tale metodo si possono addirittura far risalire ad un importante trattato matematico cinese "Nove capitoli sulle arti matematiche" del III secolo a.C.!


I contributi di Paolo Alessandrini da Mr. Palomar riguardano la scomparsa di tre giganti dell'informatica: In memoria di Dennis Ritchie e John McCarthy e l'attrazione fatale del 91, dove si parla anche della curiosa creazione matematica di McCarthy: la funzione 91 di McCarthy.


Gianluigi Filippelli contribuisce da dropsea con: Ritratti: Evariste Galois, la biografia e non solo del matematico romantico, morto in un duello e, dice la leggenda, in grado di scrivere (forse più plausibilmente ordinare) in una notte la teoria alla base di quella che è oggi la teoria dei gruppi; e Gli orrori matematici di Howard Philips Lovecraft, dove Gianluigi ci parla del Solitario di Providence, uno dei suoi scrittori preferiti, che era anche un appassionato di scienza: astronomia e fisica per la precisione. Interesse che, tra le altre cose, ci dice Gianluigi, portò lo scrittore ad avvicinarsi alla relatività di Einstein e alle geometrie non euclidee. E sono proprio le geometrie non euclidee nei racconti di Lovecraft e la congettura di Poincaré ad essere protagonisti del secondo contributo di Gianluigi.


Ecco quello che ci manda Roberto Natalini da Maddmaths!

Come far funzionare l'insegnamento della matematica
Questo mese ospitiamo un editoriale particolare: Sol Garfunkel, direttore del Consortium for Mathematics and Its Applications, eDavid Mumford, medaglia Fields, professore emerito di matematica alla Brown University, hanno posto un paio di mesi fa sulle pagine del New York Times il problema di cosa fare per migliorare l'insegnamento della matematica nelle scuole superiori americane. Il loro intervento, che abbiamo tradotto, ignorato per ora dai mezzi di comunicazioni italiani, ci è sembrato abbastanza rivoluzionaria anche se non siamo nemmeno sicuri che sia effettivamente fattibile nei termini da loro proposti. Ma ci sembra un approccio stimolante e concreto da cui partire...

Per la serie Luoghi della matematica[#14] Iciam 2011: un romano a Vancouver
Cosa può fare un romano a Vancouver? Beh, per esempio, può partecipare alla conferenza International Council for Industrial and Applied Mathematics (Iciam). E scoprire che i mezzi pubblici canadesi... di Emiliano Cristiani

Dall'Angolo ArgutoIl giorno in cui viaggiammo più veloci della luce (gli alieni ci parlarono in francese e ci dissero scemi)
Insomma, questi neutrini vanno o no più veloci della luce? La risposta prima della domanda, l'effetto prima della causa, l'omega prima dell'alfa, per capire le grandi rivoluzioni non devi essere per forza uno del mestiere. Il nostro concetto concreto, quotidiano dello spazio-tempo cambierà. Sicuro. Magari non domani ma cambierà. Il prima e il dopo non avranno più il senso che gli abbiamo dato finora. Un racconto fantascientifico di Diego Altobelli.

Il segreto di Tor Vergata
In Matematica, lo European Research Council ha assegnato 23 finanziamenti. Tra questi, l'Italia ne ha conquistati 5, precedendo Germania, Francia e Regno Unito. Di questi 5 Grants, tre vengono dal Dipartimento di Matematica di Tor Vergata, che già nei precedenti bandi ne aveva ottenuti altri 2. Qual è il segreto del suo successo? Lo chiediamo a Domenico Marinucci, direttore del Dipartimento... di Stefano Pisani

Dalla serie L'alfabetoL come Limite
Qual è la velocità di una macchina? Non la velocità media - la velocità in questo preciso istante. Può dircelo solo un'operazione di "limite"...di Corrado Mascia

E lo stesso Roberto Natalini da Dueallamenouno, il suo blog sull'Unità, contribuisce con le prime due parti della serie di interventi sul concetto di errore: che cosa sono gli errori e come ci affliggono e come possiamo riconoscerli?
Vedi alla voce: errore (parte I)
Vedi alla voce: errore (parte II)


E per ultimo il mio contributo in tre parti dal Blogghetto, in cui è Pitagora stesso a leggerci un capitolo della sua biografia. Il capitolo ci mostra come i pitagorici approfondirono la relazione tra musica e numeri e come la visione proto-cognitivista di Ippaso venne repressa dalla visione pitagorica (o platonica come qualcuno un po' impropriamente dice oggi) di Pitagora stesso:
Dove Pitagora, Ippaso e Teano approfondiscono la relazione tra musica e numeri (primaseconda e terza parte)


Concludo ricordandovi che la prossima edizione, quella del 14 dicembre 2011, sarà ospitata da Popinga. Il tema facoltativo sarà "Storia e storie della matematica".

Stat numerus pristina nomine, nomina nuda tenemus



sabato 12 novembre 2011

Mettiamo il Tricolore alle finestre: Berlusconi si è dimesso!


Aderisco all'iniziativa di Libertà e GiustiziaIl tricolore alla finestra quando B. si dimette.
"Appena saranno ufficiali le dimissioni di Berlusconi, esponiamo alla finestra la bandiera italiana (o in mancanza, un panno). Sarà il segno del nostro attaccamento per la Costituzione, che ha resistito al più violento attacco mai subito da quando i nostri Padri ce l’hanno affidata. Viva l’Italia! – Viva la Democrazia! – Viva la Costituzione! Passiamo parola."
Oltre che alla finestra espongo il tricolore anche sul mio blog.

lunedì 24 ottobre 2011

Dove Pitagora, Ippaso e Teano approfondiscono la relazione tra musica e numeri (prima parte)


In una delle nostre interviste Cerbero ci ha raccontato della scoperta di Pitagora nella bottega del fabbro. Secondo Giamblico, quella scoperta condusse i pitagorici ad immaginare una generalizzazione per cui partendo a ritroso dalla matematica si sarebbero potuti interpretare tutti i fenomeni fisici dell’Universo. L’idea era molto affascinante: attraverso la decifrazione delle proprietà dei numeri si sarebbe giunti a decifrare l’universo. 


La matematica è quindi l'espressione della razionalità dell'universo? E il suo senso è iscritto nelle leggi stesse che regolano la realtà in cui viviamo?

Questo Giamblico non ce lo dice. Però forse il racconto di come i pitagorici passarono da quella semplice osservazione nella bottega di un fabbro all'elaborazione della teoria del “Tutto è Numero” potrebbe aiutarci a capire. Vogliamo farcelo raccontare direttamente a Pitagora? 
Alcuni dei lettori conoscono già: l'adePhone 5, ma quello che nessuno ancora sa è che dopo giorni di trattative in cui ho dovuto acquistare diverse offerte di Cerbero sono riuscito finalmente ad ottenere il numero diretto di Pitagora, così non saremo più costretti a passare per quei fastidiosi centralini.


Allora, componiamo il numero: 101 010 10.
- Το Παν είναι Αριθμός!
- Maestro, che piacere risentirvi!
- Andiamo al dunque, mi dica che le serve stavolta.
- Vi ricordate che vi avevo chiesto di raccontarmi di come si svilupparono le ricerche dopo la scoperta nella bottega del fabbro, ma voi preferiste rispondere alla seconda domanda sulla scoperta dell'irrazionale?
- Certo che mi ricordo.
- Ecco, ora gradirei avere una risposta alla prima domanda.
- Oggi mi sento magnanimo e gliela concedo. Le leggerò il capitolo corrispondente sul libro del giovane Fulivao, quello basato sulle mie memorie che ormai lei dovrebbe conoscere bene. Vado a cominciar...


- Uno, due, tre... - Era la voce del maestro quella che proveniva dall'officina della scuola. - ... quattro, cinque, sei... - Quella era invece chiaramente la voce di Teano. Incuriosito Ippaso entrò.
- Ippaso, siediti pure - disse Teano mentre passava l'ultima corda a Trasibulo. Lo schiavo appese quel filamento di intestino di capra vicino agli altre sei. Sette corde ora pendevano dalla trave di una singolare struttura di legno.
- Vedo che l'esperimento con le corde si sta finalmente concretizzando - osservò Ippaso.
- Sì, solo che Pitagora non ha voluto darmi ascolto. Lui sostiene che per riprodurre le consonanze delle incudini si devono usare diverse corde di uguale lunghezza e spessore ed appendere un peso diverso ad ognuna di esse.
- Mi sembra chiaro Teano - intervenne il maestro. - Non capisco perché ti ostini a contraddirmi. Nella bottega di Gerone abbiamo visto che quando un'incudine era il doppio di una e due terzi dell'altra si producevano consonanze. Da cui abbiamo dedotto che i rapporti con i numeri 1, 2 e 3 danno luogo a consonanze. Mentre se i numeri in gioco erano più grandi, come nove e dieci, allora avevamo delle dissonanze. Con questi esperimenti sulle corde vorrei verificare che cosa succede quando si aggiungono altri rapporti con numeri più piccoli di nove, come ad esempio 4/3, 5/4 e 6/5.
 - Vedo le corde già disposte, ma non vedo i pesi - osservò Ippaso. - Li avete già fatti forgiare da Gerone?
- No, li ho fatti forgiare da Filippo l'orafo. Serviva un lavoro di precisione non una cosa da fabbri.
- Se ho ben capito il secondo peso dovrebbe essere il doppio del primo, il terzo 3/2 del primo e così via.
- Non esattamente. Il secondo è il doppio del primo ma il terzo è 3/2 del secondo, il quarto è 4/3 del terzo e così via.
- Mi sembra che il risultato non dovrebbe essere molto diverso rispetto a quello che si otterrebbe con i rapporti che dicevo io.
- No, si tratterebbe solo di far vibrare le corde nella sequenza giusta. Con i tuoi rapporti bisognerebbe fra vibrare la prima con la seconda, la prima con la terza, la prima con la quarta e così via. Con i miei rapporti invece si fa vibrare la prima con la seconda, la seconda con la terza, la terza con la quarta e così via. Ho scelto questa sequenza per facilitare il lavoro all'orafo.
Ippaso ci pensò un attimo. - Mi sembra ragionevole - disse. - Così le differenze tra i pesi saranno più grandi. - Poi si volse verso Teano e continuò: - Come mai tu non sei d'accordo?
- Non so, l'intuito mi dice che non funzionerà. Secondo me i pesi dovrebbero essere identici mentre a variare con quei rapporti dovrebbero essere le corde a cui li appendiamo.
- Ma no! - ribatté Pitagora. - Se per le incudini la consonanza dipendeva dalle dimensioni, allora nel nostro esperimento essa dovrebbe dipendere dai rapporti tra i pesi. In ogni caso tra qualche istante saremo in grado di verificarlo. Trasibulo, portami i pesi.
Lo schiavo si avvicinò con un vassoio di legno su cui erano disposti sette cilindri d'argento ordinati dal più piccolo al più grande. La sommità di ogni cilindro era modellata ad occhiello. Il maestro legò ogni cilindro all'estremità inferiore della reciproca corda, facendo attenzione a usare la stessa porzione di corda per ogni nodo; e poi cominciò a far vibrare le corde con un plettro di corno. Pizzicò la prima e poi la seconda corda. C'era qualcosa di strano. Pitagora corrugò la fronte. Fermò la vibrazione della prima corda con un dito e pizzicò la seconda e la terza. Poi ripeté l’operazione con la terza e la quarta, la quarta e la quinta, la quinta e la sesta. Il maestro si fermò. Scosse la testa. No, c'era qualcosa di strano. Il risultato era chiaramente diverso da quello ascoltato nella bottega di Gerone.  In quel momento si accorse che sua moglie lo stava guardando con un sorriso beffardo. 


…continua…

venerdì 14 ottobre 2011

Carnevale della Matematica #42


Il Carnevale della Matematica del 14 ottobre, il numero 42, è ospitato da Maurizio Codogno su Il Post. Il tema di questa edizione è “numeri e letteratura”.
Per il prossimo mese mi sono armato di coraggio e mi sono proposto come organizzatore dell'edizione numero 43 del Carnevale della Matematica sul questo blog. Cito la frase finale dell'edizione di oggi:


Vi lascio ricordando che l’edizione numero 43 del Carnevale della matematica sarà ospitato da Pitagora e dintorni; inviate i vostri contributi a dionisoo chiocciola gmail punto com

Mi raccomando, non perdete l'appuntamento il 14 novembre!

Così  Maurizio Codogno introduce il mio contributo fuori tema al Carnevale della Matematica #42:

Dioniso nel suo Blogghetto continua la storia di Pitagora e dei pitagorici: in questa terza parte, La famiglia, Muia, Teano e il ruolo delle donne nella scuola. Non pensate a un “tengo famiglia” di duemilacinquecento anni fa: da quel poco che le fonti rimaste ci dicono, sembra proprio che nella scuola pitagorica anche le donne fossero considerate capaci di fare matematica.

domenica 9 ottobre 2011

Pitagora (terza parte) - la famiglia, Muia, Teano e il ruolo delle donne nella scuola



Abbiamo visto che quando arrivò a Crotone Pitagora riuscì a guadagnarsi velocemente sia la stima dei principali esponenti della città sia l'ammirazione di molti giovani crotonesi. Con il sostegno dei primi e la partecipazione dei secondi egli fondò la sua scuola.
Autorità cittadine e giovani allievi non furono tuttavia gli unici a subire il fascino di Pitagora. Teano figlia di Pitonatte fu anch'essa fatalmente attratta dal Chiomato di Samo. E dopo qualche tempo lo sposo. La prima figlia, Muia, nacque un anno dopo. In seguito Pitagora e Teano ebbero un figlio maschio a cui, secondo Giamblico, vollero dare il nome del nonno paterno: Mnesarco. L'ultimo figlio, secondo Porfirio, fu Arignota.
Muia mostrò immediatamente una particolare predisposizione per la musica e per la matematica: due discipline di fondamentale importanza per i pitagorici. La abilità vocali fecero sì che la piccola Muia assumesse la guida del coro delle fanciulle di Crotone; e dopo le sue nozze con Milone ella passò alla guida del coro delle adulte. Muia, insieme a sua madre Teano, viene anche citata nell'elenco, forse tramandato da Aristossenodelle diciassette "illustrissime donne pitagoriche".

Ma quindi nella scuola pitagorica erano ammesse anche le donne? Come fu possibile in una società che escludeva totalmente la donna dalla vita pubblica relegandola ad una sorta di reclusione casalinga totalmente subordinata? Forse lo si deve ad una perfetta alchimia che si dovette instaurare tra le idee innovatrici di Pitagora e le doti intellettive e la voglia di emancipazione di sua moglie e di sua figlia.
Diogene Laerzio afferma che ai suoi tempi, III sec. d.C., (circa otto secoli dopo Pitagora) si trovavano ancora delle copie di libri scritti da Teano. Anche se si trattava probabilmente di apocrifi, il fatto lascia comunque affiorare quanto valore il mondo antico attribuisse al contributo di Teano alla scuola pitagorica. Soprattutto se si considera il fatto che, a quanto sappiamo, Pitagora non lasciò alcuno scritto.

Ma chi era invece questo Milone? L'uomo che riuscì a far innamorare una ragazza della statura di Muia? Be', Milone era un vero e proprio eroe. Su di lui circolavano decine di aneddoti leggendari che esaltavano le sue doti atletiche. Già da bambino Milone si mostrò dotato di una forza straordinaria. Si narra che da ragazzo si allenasse sollevando un vitello sulle spalle. Ben presto a Crotone si diffuse la voce che egli fosse il figlio di Eracle. Quell'Eracle che aveva pregato gli dei di far sorgere una florida città intorno al sepolcro del suo amico Crotone. E fu proprio dall'amico di Eracle che la città prese il nome.
Nel 540 a.C., a soli tredici anni, Milone vinse i giochi olimpici della sessantesima Olimpiade come lottatore nella categoria fanciulli; e tra il 532 e il 512 a.C. egli collezionò ben sei vittorie olimpiche consecutive. Quando intorno al 532 a.C. Pitagora fondò la scuola, Milone, allora poco più che ventenne, fu tra i primi ad essere ammessi. Negli anni successivi la gloria e la ricchezza di Milone crebbero enormemente. E vista la pratica di comunione dei beni materiali che vigeva tra i pitagorici si può facilmente immaginare che il ricco Milone contribuì non poco all'affermazione e al successo della scuola.

Nella prossima puntata parleremo del ruolo fondamentale che nella scuola pitagorica si attribuì al numero per l'interpretazione dell’universo.

... continua ...

Se poi qualcuno volesse leggere un episodio della vita di Muia quindicenne tratto da un frammento del libro che il giovane pitagorico Fulivao scrisse basandosi sulle memorie narrategli dal maestro pochi giorni prima della sua dipartita verso i Campi Elisi, non ha che da cliccare su Muia.


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Pitagora (seconda parte) - Crotone e la scuola: matematici ed acusmatici


Abbiamo visto che Pitagora viaggiò molto: Siria, Fenicia, Babilonia, Asia Minore (Mileto), Egitto e forse addirittura India; e abbiamo anche citato che a Mileto Pitagora conobbe Talete. Ma Mileto era anche la città di Anassimandro: probabile allievo di Talete. Secondo Giamblico Pitagora conobbe anche lui. E il Chiomato di Samo dovette sicuramente rimanere affascinato dal concetto d'illimitatezza introdotto da Anassimandro e dai suoi tentativi di usare l'aritmetica e la geometria per disegnare una delle prime carte del mondo.  
Complessivamente, questa fase della vita di Pitagora, caratterizzata dai viaggi e dall'apprendimento, durò più di venti anni. In questo periodo il filosofo assimilò la maggior parte delle conoscenze matematiche e filosofiche del mondo a lui noto e probabilmente imparò le più importanti lingue del tempo.
Con questo bagaglio culturale Pitagora, allora quarantenne, tornò a Samo e lì tentò di fondare una scuola; ma il suo tentativo ebbe scarso successo. Riuscì infatti a coinvolgere un solo allievo. Che era anche un suo omonimo: Pitagora figlio di Eratocle. Ma per convincerlo a seguire le sue lezioni il maestro dovette addirittura pagare il giovane. Almeno inizialmente. Perché poi il giovin Pitagora di Eratocle si appassionò a tal punto agli insegnamenti del maestro che decise di abbandonare tutto per seguire il suo omonimoche, visti gli insuccessi in patria e probabilmente influenzato anche dalla recente presa del potere a Samo da parte del tiranno Policrate, aveva nel frattempo deciso di spostarsi a Crotone in Calabria, allora parte della Magna Grecia.

Quando Pitagora arrivò a Crotone (intorno al 535 a.C.) i principali esponenti della città entrarono immediatamente in rapporto di amicizia con lui. Con la sua eloquenza il filosofo riuscì a guadagnarsi velocemente anche la stima di molti giovani crotonesi coinvolgendoli come suoi seguaci. Con i discepoli più fedeli Pitagora fondò quindi la sua scuola, che oltre ai caratteri didattici assunse presto anche quelli di una confraternita, di una sorta di comunità scientifica ante litteram, nonché quelli di una setta mistico-religiosa.
La tradizione riferisce che gli adepti praticassero la comunione dei beni materiali. Inoltre tutte le attività e gli insegnamenti che occorrevano all’interno della scuola erano mantenuti strettamente segreti. Sembra addirittura che gli aspiranti adepti dovessero superare un lungo periodo di verifica durante il quale venivano messi alla prova sia i loro aspetti caratteriali, che le loro capacità mentali, ma non ultima anche la capacità nel mantenere i segreti.

Ma sentiamo direttamente dalle parole di Giamblico come funzionavano le cose nella scuola di Pitagora.

Una volta che i giovani arrivavano da lui per frequentare la sua scuola Pitagora li sottoponeva a giudizio di merito: egli cercava di capire che tipo di rapporti essi intrattenessero con i loro genitori, poi osservava chi tra loro rideva senza motivo o taceva o parlava più del necessario. ... E chiunque avesse sottoposto a tale esame, [Pitagoralasciava che per tre anni fosse osservato dall'esterno per esaminare l'autenticità del desiderio di apprendere ed il disprezzo per gli onori. Dopo questo periodo venivano ammessi come "acusmatici". Potevano cioè ascoltare Pitagora solo da fuori della tenda senza mai vederlo, dovendo per molto tempo dare prova del loro carattere. Veniva inoltre loro imposto un silenzio di cinque anni. Durante questi cinque anni i beni degli allievi venivano messi un comune. Se dopo questo periodo di cinque anni costoro apparivano degni di partecipare alle dottrine diventavano per il resto del tempo "matematici", e potevano ascoltare Pitagora all'interno della tenda, oltre che vederlo di persona. Se invece a questa prova venivano respinti, allora ricevevano il doppio dei loro beni, ma per essi veniva innalzata una tomba, come fossero morti, e quando i loro co-uditori li incontravano era come se incontrassero degli altri, perché essi dicevano che erano morti coloro che essi avevano cercato di modellare. Vi era infine anche la possibilità che rimanessero acusmatici per molti anni.

Quindi l’aspirante adepto poteva essere respinto, oppure accolto come akousmatikós (acusmatico - “ascoltatore”) o come mathematikós (matematico - “incline ad apprendere”). È facile immaginare che è proprio dal termine mathematikós che deriva l’attuale termine “matematica”.
I mathematikoi erano perciò i membri della setta che potevano apprendere la versione più dettagliata ed elaborata della conoscenza pitagorica con tanto di argomentazione e dimostrazione; mentre gli akousmatikoi potevano accedere solo a quelle lezioni in cui veniva presentato un numero ristretto delle conoscenze della scuola e in una forma più limitata e superficiale. Questo tipo di strutturazione rafforzava ovviamente il carattere settario della scuola.

La precedente citazione di Giamblico ci mostra anche come i pitagorici fossero molto duri con gli acusmatici che venivano respinti: li dichiaravano addirittura morti. Ma ancor più duri i pitagorici lo erano con gli allievi che infrangevano il giuramento di segretezza. Giamblico cita ad esempio questo ammonimento del pitagorico Liside nei confronti di un altro pitagorico: Ipparco.

Si racconta che tu, o Ipparco, insegni filosofia a chiunque incontri, anche pubblicamente, cosa che Pitagora ha proibito severamente. .... Se tu dovessi cambiare atteggiamento, io me ne rallegrerò, diversamente tu sei morto. Pietà vorrebbe che ci si ricordasse dei precetti di Pitagora, e non si condividessero i beni della sua sapienza con coloro che nemmeno in sogno si sono purificati nell'anima.

Sarà utile ricordare questo aspetto della scuola quando parleremo di uno dei pitagorici più famosi: Ippaso di Metaponto.

... continua ...

Indice della serie

mercoledì 28 settembre 2011

Pæstum: il museo


 Anfora con raffigurazione della nascita di Afrodite. Ho trovato la forma di quest'anfora molto atipica e interessante.
Simile considerazione per questo candelabro.
Avevo letto di recente che i Greci antichi usavano anche piatti con decorazioni in tema con le portate. È stato molto interessante vederli dal vivo.
Frutta decorativa.
Riproduzione in gesso della cassetta di rivestimento in terracotta policroma del tempio di Hera (VI sec. a.C.).
A causa di un equivoco rinascimentale per alcuni secoli si è pensato che i templi greci e romani fossero privi di colorazioni. È impressionante vedere invece le ricostruzioni che mostrano i colori originali. A prevalere erano il rosso, il nero e il giallo. Ma anche il blu, il verde e l'oro.
Originale di un altro tratto di cassetta di rivestimento in terracotta policroma del tempio di Hera (VI sec. a.C.). Posta a decorare il tetto è costituita da finti gocciolatoi a testa leonina e da sima decorata da palmette e fiori di loto.
Coperchio in travertino della tomba del tuffatore (480-470 a.C.). È l'unica tomba rinvenuta in una città greca ad avere le pareti interne della cassa ed il coperchio decorati con scene figurate. Pare che il tuffo simboleggi il passaggio dalla vita all'oceano della morte.
Prima parete lunga della tomba del tuffatore. Uomini intenti a suonare la lira e il diaulos e a sorseggiare vino.
Seconda parete lunga della tomba del tuffatore. Uomini intenti a suonare la lira, amoreggiare e sorseggiare vino.
Tomba del tuffatore nella sua interezza.
Lira
Aulos Paestum

Abitazioni private.

lunedì 26 settembre 2011

Le città della Megale Hellas (Magna Grecia)


Domenica 28 Agosto 2011
Pæstum ė il nome latino, ma in realtà la colonia fondata dai greci nel VII sec. a.C. si chiamava Poseidonia: in onore del dio del mare.
Ma da dove provenivano questi coloni greci che fondarono Poseidonia?
- Ovvio! - uno direbbe. - Dalla Grecia.
E invece no. Provenivano dall'Italia. E per la precisione da Síbari, uno delle più antiche colonie greche in Italia meridionale, fondata circa un secolo prima, ma in questo caso da greci della penisola ellenica. I sibariti fondarono anche un'altra colonia: Metaponto. Ed è anche per questo che i fondatori di Poseidonia rivestono un ruolo non secondario anche nella storia del movimento pitagorico. Infatti sembra che la guerra contro Crotone che portò alla distruzione di Síbari fu causata anche da questioni riguardanti le dottrine politico-filosofiche di Pitagora. Inoltre Metaponto fu la patria di Ippaso: figura molto importante del movimento pitagorico. Chiusa questa breve parentesi pitagorica e volendo descrivere in estrema sintesi il processo di fondazione delle colonie greche, si può dire che dietro questa proliferazione di insediamenti greci nel mediterraneo non c'era un vero e proprio disegno politico panellenico. In generale funzionava così: in una qualche città si creavano le condizioni giuste affinché un gruppo di abitanti decidesse di sciamare e così i coloni individuavano l'area, partivano e costruivano la loro città. Kitty Ferguson infatti afferma che "sciamatura" sia un termine più corretto di "colonizzazione" per descrivere il fenomeno. Ma dopo questa non più tanto breve parentesi sulla "sciamatura" greca riprendiamo il brevissimo fotoracconto della visita a Pæstum.
Né ad Atene, né ad Agrigento avevo visto qualcosa di simile al tempio di Poseidone/Apollo.

Oltre all'ottimo stato di conservazione penso che i due ordini di colonne della cella templare siano un esempio unico al mondo. Attendo smentite. Eccezionale anche il dipinto della tomba del tuffatore che mostrerò nel prossimo fotoracconto sul museo di Pæstum.

domenica 11 settembre 2011

Muia

Tutti abbiamo sentito parlare del teorema di Pitagora e tutti sappiamo che Pitagora fu un grande filosofo e un grande matematico, ma molto raramente si sente parlare della sua vita privata.
Aveva una famiglia? Era sposato? Aveva dei figli?
Giamblico, Porfirio e Diogene Laerzio forniscono varie versioni della composizione famigliare del grande samio con diverse mogli e diversi numeri e nomi di figli.
Ma noi, grazie al nostro ormai celebre φιχιfonino oltretombale di Mηλον, l’adePhone 5, siamo venuti a conoscenza della vera composizione della famiglia pitagorica. È stato Crono stesso, signore dei Campi Elisi, in uno dei suoi rarissimi momenti buoni, a rivelarci che il maestro sposò una donna di stirpe cretese: la bella Teano figlia di Pitonatte. Pitagora e Teano ebbero tre figli: una figlia di nome Muia che guidò il coro femminile crotonese; e due figli di nome Mnesarco e Arignota. Sia Teano che sua figlia Muia divennero importanti membri della scuola e furono anche citate nell'elenco di Aristosseno delle diciassette “illustrissime donne pitagoriche”. Il buon umore di Crono era a livelli talmente alti che il signore dei Campi Elisi è arrivato a fornirci un frammento del libro del giovane Fulivao. Pitagora stesso ci ha già parlato di questo libro che il giovane pitagorico scrisse basandosi sulle memorie che il maestro gli narrò pochi giorni prima della sua dipartita verso i Campi Elisi. Sappiamo che l'unica copia del libro bruciò nel primo rogo della biblioteca di Alessandria, ai tempi di Giulio Cesare. Il frammento che Crono ci ha fornito è quello che riguarda una giornata speciale nella vita di Muia, la figlia di Pitagora e di Teano. Eccola ....

Eratocle si era conquistato la prima fila e dall'inizio alla fine della cerimonia i suoi occhi erano rimasti puntati su di lei.
A quindici anni il suo corpo era già quello di una donna. Un'incantevole giovane donna. Somigliava a sua madre ma la sua bellezza era più prorompente. I lunghi e folti capelli corvini le scendevano fino ai larghi fianchi. A volte qualche ciocca di quei lucidi fili di seta andava ad intrecciarsi con le sue lunghe ciglia: splendide cornici di grandi occhi neri come una notte di tempesta. Le ciocche più ribelli arrivavano talvolta a sfiorarle il generoso seno. Le labbra rosse e carnose si stagliavano sulla pelle nivea e profumata come un papavero in un campo di gigli. Ogni parte del suo corpo era in armonia con tutto il resto. Persino quella lieve peluria sul labbro superiore.
Per la cerimonia che le avrebbe assegnato il titolo di matematica, Muia aveva voluto indossare il peplo turchese, quello che esaltava al meglio i suoi colori e le sue forme giunoniche. Due belle spille d'argento a doppia spirale fermavano l'abito sulle spalle e una cintura color zafferano, visibile solo sul lato aperto, lo fissava alla vita producendo eleganti drappeggi. Ad adornare le orecchie della ragazza due piccoli dischi d'oro cesellati con motivi floreali erano fissati ai perni che trafiggevano i suoi lobi e da ognuno dei due dischi pendeva un delicato cono, anch'esso d'oro, con superficie modellata a spiraloide. Sandali nuovi di pelle nera fasciavano i suoi graziosissimi piedi. Eratocle avrebbe saputo descrivere ogni minuscola porzione di quelle splendide candide dita.
A presiedere la cerimonia c'era Ippaso. Pitagora aveva preferito farsi sostituire visto che tra i divenendi matematici c'era anche sua figlia.
- Scordatela! - Il commento sussurrato da quella voce, che riusciva a mantenere una profonda sonorità anche se mormorata, lo fece trasalire. Eratocle, torvo in viso, si voltò. Dietro di lui vide l'enorme figura di Milone che lo sovrastava.
- Non vedi come guarda Ippaso? - continuò Milone.
- Di chi stai parlando!?
- Come di chi sto parlando? Di Muia. Non è lei che hai continuato a fissare per tutto il tempo?
- Ti sbagli! - Ora anche il bisbiglio di Eratocle andava facendosi più sonoro. - E poi è ovvio che Muia guardi Ippaso. Visto che lui sta per nominarla matematica.
- Si vede che con le donne hai poca esperienza, Eratocle.
Troppo presi dal loro bisticcio, Milone ed Eratocle non si erano accorti che Ippaso aveva smesso di parlare e li stava fissando.
- Eratocle e Milone! Avete qualcosa d'importante da discutere? Qualcosa d'interessare da condividere con noi? - ed allargò teatralmente le braccia ad indicare il vasto pubblico.
- Nulla d'importante Ippaso - tagliò corto Milone.
- Bene, allora possiamo continuare - disse Ippaso mentre il rimbombo della voce di Milone andava spegnendosi.



Indice della serie "Numeri e Geometria attraverso le interviste"

In futuro pubblicheremo ulteriori notizie sulla famiglia di Pitagora ma non di prima mano come questa. Si tratterà di interpretazioni degli storici su documenti di ennesima mano.

giovedì 21 luglio 2011

Pitagora (prima parte): La nascita e i viaggi

Abbiamo visto che la tradizione occidentale concorda nel ritenere Talete di Mileto (620-550 a.C. ca.) e Pitagora di Samo (580-500 a.C. ca.) i pionieri, in ambiti un po’ diversi, dell’impostazione logico-deduttiva che diventerà la caratteristica essenziale della Matematica. Nell'ultima puntata abbiamo parlato brevemente anche di Talete.

La figura di Pitagora non è meno confusa e controversa di quella di Talete, ed è inoltre ancora più intrisa di elementi mitici e leggendari. Tuttavia il personaggio è sicuramente tra i più affascinanti e i più citati della storia della matematica e la sua impostazione è per molti versi ancora alla base del nostro pensiero moderno.
Bertrand Russell ad esempio affermò che "Pitagora è uno degli uomini più notevoli che siano mai esistiti" e che "la matematica, intendendo come tale le dimostrazioni e i ragionamenti deduttivi, inizia con lui".

Da quello che sappiamo Pitagora e i suoi discepoli non lasciarono scritti. O almeno nessuno testo di prima mano è giunto a noi. I più antichi documenti scritti su Pitagora a noi pervenuti sono sei brevi frammenti di testo risalenti al secolo successivo alla sua morte e si trovano in testi di autori posteriori che videro gli originali. Ma, la maggior parte delle nozioni e delle leggende circa Pitagora e la sua scuola, giunte fino a noi, è dovuta a tre autori che operarono tra il III sec. e il IV sec. d.C. E cioè a circa sette secoli di distanza dai fatti.
Uno di essi è Giamblico di Calcide (245 - 325 d.C.) che fu allievo di Porfirio: il secondo dei suddetti biografi di Pitagora. Il terzo e più vecchio di tutti è infine Diogene Laerzio, che operò nella prima metà del III sec. d.C.
Secondo Giamblico1, Pitagora nacque in una ricca famiglia di mercanti sami. E per la precisione durante un lungo viaggio d'affari che il padre Mnesarco, incisore di gemme, e la madre Partenide avevano intrapreso. La nascita del bimbo fu preannunciata all'inizio del viaggio, quando Mnesarco si recò a Delfi, dall'oracolo di Apollo Pythio (Pizio): la sacerdotessa Pythia (Pizia). In onore di tale profezia Mnesarco volle cambiare il nome di sua moglie in Pythais (Pitai) e chiamare il figlio Pythagoras. Pitagora nacque qualche mese dopo, quando la coppia ebbe raggiunto Sidone in Fenicia.
Presto la famiglia tornò a Samo e Pitagora crebbe nella vivace città portuale. Samo si trovava al crocevia delle grandi rotte mercantili che
collegavano il mar Nero con l'Egitto, e l'Italia e la Grecia con l'Oriente. E proprio nel periodo in cui nacque Pitagora i sami stavano fondando delle colonie, tra le quali anche una nella città siciliana di Minoa. Pitagora crebbe quindi in un ambiente ricco di stimoli e in continuo contatto con genti, oggetti e tesori provenienti da ogni parte del mondo conosciuto.
Insieme alla tradizione familiare, dovette essere anche la curiosità suscitata da quei contatti a spingere il giovane Pitagora a cominciare presto la sua serie di viaggi. Prima per accompagnare suo padre per affari. E in seguito indipendentemente per puro amore della conoscenza. Divenne noto con il soprannome de "il Chiomato di Samo". Si narra che nei suoi viaggi possa essersi spinto addirittura fino all'India. E considerando la contemporaneità di Pitagora con Buddha e Confucio, si può ragionevolmente ipotizzare che, oltre all’acquisizione di informazioni sull’Astronomia e sulla Matematica, il filosofo possa aver fatto proprie anche alcune idee religiose. Forse non a caso, tra le credenze della dottrina religiosa pitagorica si può citare la metempsicosi, cioè la rinascita dell'anima di un individuo in un altro corpo fisico anche non umano. Una delle conseguenze di tale credenza fu il divieto di consumare carne. Un po’ più oscure risultano invece le ragioni dell’altro divieto alimentare: quello sul consumo di fave. C’è chi ritiene possa essere collegato alla somiglianza delle fave con i genitali maschili e come tali fossero ritenute fonte di impurità; chi ritiene invece possa essere correlato al favismo; mentre l’ultima ipotesi fa riferimento a credenze antiche secondo cui le fave erano considerate connesse al mondo dei morti, della decomposizione e dell'impurità.
Oltre all'incerto viaggio in India, si riporta, con maggiore certezza, che Pitagora visitò la Siria, la Fenicia, l'Egitto e Babilonia.
Altra importante meta dei viaggi di Pitagora fu  Mileto. Città che solo un piccolo stretto di mare divideva da Samo. Mileto era la città di Talete. E tra Talete e Pitagora c'erano circa quarant'anni di differenza. Fu intorno al 560 a.C., ai tempi della cinquantacinquesima Olimpiade, 216 anni dopo la prima Olimpiade, quando Talete aveva circa sessanta anni e Pitagora circa venti, che i due giganti della filosofia dovettero incontrarsi. E sembra che Talete abbia esortato Pitagora ad andare ad apprendere la geometria in Egitto. Tra le piramidi Pitagora dimorò per molti anni. E fu probabilmente lì oppure a Babilonia che egli dovette venire a contatto con il teorema che oggi porta il suo nome. Ma come!? - vi chiederete - il teorema di Pitagora era noto già da prima di Pitagora? Ebbene sì! Esistono documenti che precedono Pitagora di più di un millennio che testimoniano una conoscenza applicativa di quel teorema. Perché quindi in seguito si attribuì ad esso il nome di Pitagora?
Lo vedremo nelle prossime puntate ...


Indice della serie

1 Giamblico, Summa pitagorica, Bompiani 2006