mercoledì 27 maggio 2009

Un percorso storico tra Numeri e Geometria - Parte 11: la Matematica Islamica

Dicevamo quindi che con la caduta dell'Impero romano d'Occidente era cominciato quel declino culturale che sarebbe durato diversi secoli; e la distruzione della Biblioteca di Alessandria fu un altro duro colpo che inflisse un'accelerazione a tale declino.
Un nuovo polo del sapere matematico (e non solo) venne però a ricostituirsi più di un secolo dopo la caduta della Biblioteca presso la cultura araba.

Per tutto il primo secolo dell'Impero Arabo Islamico i nuovi conquistatori, troppo impegnati a combattere, non avevano ancora acquisito gli strumenti intellettuali necessari a produrre risultati scientifici o matematici.

Fu solo nella seconda metà dell'ottavo secolo che il mondo islamico ebbe quel risveglio culturale che permise l'inizio delle ricerche matematico-scientifiche.

Si racconta che Aristotele sia comparso in sogno al califfo Abbaside Al-Ma'mun (786-833) e che in seguito a tale apparizione onirica il califfo abbia disposto che si traducessero in Arabo tutti i volumi greci che erano sopravvissuti alla distruzione.

Nella realtà gli Islamici furono forse spinti verso la ricerca matematica soprattutto da motivazioni un po' più prosaiche; e cioè dalla ricerca di soluzioni per l'applicazione della complicata legge islamica per l'assegnazione delle eredità, attraverso la quale svilupparono soprattutto l'Algebra; e dai tentativi di determinare quando cadessero esattamente le festività islamiche basate sulle fasi lunari, attraverso i quali svilupparono soprattutto la Trigonometria. Vorrei sottolineare che il calendario islamico pur se basato sulle fasi lunari è molto più complicato del calendario lunare.

AnimazioneQuali che fossero le motivazioni, sembra comunque che gli Islamici si sarebbero impegnati così diligentemente nell'attuazione della disposizione del califfo Al-Ma'mun che che quando l'Impero bizantino chiese un trattato di pace se lo sarebbero fatto pagare con volumi greci molti dei quali erano sopravvissuti alla distruzione della Biblioteca d'Alessandria.
Fortunatamente tra i volumi tradotti ci furono anche gli Elementi di Euclide.

Molti di questi volumi greci, tra i quali anche Gli Elementi, furono tradotti da Thābit ibn Qurra (826-901).

Nelle prime fasi dell'apprendimento e dello sviluppo della Matematica gli Islamici attinsero molto dai risultati delle grandi culture che li precedettero: ovviamente da quella greca, ma anche da quella indiana e babilonese.

Infatti, oltre a ai lavori di Euclide, Apollonio, Archimede e Diofanto, vennero acquisiti, tradotti e incorporati nella Matematica islamica anche i lavori di Āryabhaṭa (Devanagari: आर्यभट; Ashmaka, 476 – 550) e Brahmagupta(ब्रह्मगुप्त) (598 – 668).

Fu proprio grazie alle traduzioni dei lavori dei matematici indiani effettuate dai matematici islamici che in Europa si cominciò a diffondere il sistema numerico indù che andò lentamente sostituendo gli scomodi sistemi numerici romano e greco che rendevano complicate anche le operazioni più semplici.

Il sistema numerico indù, spesso anche denominato un po' impropriamente sistema numerico arabo, è il sistema numerico che abbiamo ancora attualmente in uso.
Un altro grande dono dei matematici indiani veicolatoci dai matematici islamici fu lo Zero.
Si suppone che i Maya siano stati i primi ad usare lo Zero posizionale nel loro sistema di numerazione a base vigesimale. Il Brahmasphuta Siddhānta di Brahmagupta costituisce però la fonte più antica conosciuta a trattare lo Zero come un numero a tutti gli effetti.

Con il tempo, le inclinazioni dei matematici islamici si sarebbero spostate verso l'esposizione deduttiva dei Greci preferendola agli ellittici versi sanscriti degli Indiani.

Nella prossime puntate parleremo di alcuni matematici arabi ed in particolare del più celebre tra essi.

Indice della serie

lunedì 18 maggio 2009

Un percorso storico tra Numeri e Geometria - Parte 10: riepilogo, monoteismo Egizio e matematici arabi

Breve riepilogo delle puntate precedenti:

Abbiamo visto che nel V sec. a.C. il fulcro del sapere matematico era in Calabria, a Crotone: la sede della scuola pitagorica; e che i pitagorici avevano basato il loro modello del cosmo sull'Aritmetica.

Pitagora però, prima di approdare definitivamente a Crotone e spendere lì i suoi ultimi 4 decenni di vita, aveva lasciato la sua isola natìa di Samo per viaggiare in cerca di sapere e conoscenza. Era approdato in Egitto e aveva trascorso lì qualche anno ed in seguito si era spostato a Babilonia. Nei suoi prima 40 anni di vita era quindi riuscito ad entrare in contatto diretto con le tre grandi colonne portanti del sapere di allora: il mondo ellenico, l'Egitto e Babilonia.
Questo almeno secondo quello che Giamblico scriveva circa otto secoli dopo la morte di di Pitagora. Come si può facilmente immaginare non è dato sapere dove finisca la realtà e dove cominci la leggenda.

Durante il viaggio in Egitto Pitagora dovette sicuramente entrare in contatto con la teologia del monoteismo Egizio.
Se ne rivelano infatti varie tracce nella "teologia" pitagorica che asseriva che il mondo era stato creato per mezzo dei Numeri.

Il concetto proveniva appunto dalla teologia del monoteismo Egizio: il creatore crea il mondo per mezzo della Parola, del Logos, della Logica. Nella teologia pitagorica la Parola egizia si trasforma in Numero: il creatore ha bisogno di un mezzo per creare l'universo e tale mezzo è il Numero.

In principio erat Verbum - Εν αρχη ην ο Λογος

Mentre nella teologia cristiana la Parola egizia si trasformerà in Cristo: il creatore ha bisogno di un mezzo per creare l'universo e tale mezzo è Cristo.
Quindi l'incipit del Vangelo di Giovanni, scritto 6-7 secoli dopo Pitagora, tradotto in Termini Pitagorici sarebbe stato:

In principio era il Numero
E il Numero era presso Dio
E il Numero era Dio


Sul tema della "teologia" pitagorica, mutuata da quella del monoteismo Egizio, vorrei fare una breve digressione.

Comunemente si tende probabilmente a pensare che il concetto di monoteismo sia nato in Israele con la religione ebraica.
La realtà potrebbe essere diversa: sembrerebbe che il monoteismo Egizio sia ben più antico del monoteismo ebraico. Anzi secondo alcuni il monoteismo ebraico sarebbe nato proprio durante la "cattività egiziana" del popolo ebraico e non sarebbe altro quindi che uno sviluppo del monoteismo Egizio.

Addirittura, secondo l'ipotesi di Freud esposta nel suo ultimo lavoro: "L'uomo Mosè e la religione monoteistica", Mosè avrebbe fatto parte della classe dirigente egizia ed egli stesso sarebbe stato un egizio.
La vicenda di Mosè si sarebbe svolta intorno all'anno 1350 a.C. durante il regno di Amenofi IV che condusse la rivoluzione monoteista nell'antico Egitto abolendo il politeismo. Egli stesso cambiò il suo nome in Akhenaton essendo Aton il dio unico.

Sarebbe stato a causa di una reazione che volle imporre in Egitto una controriforma di segno politeistico che avrebbe avuto inizio la storia del nuovo popolo di Mosè, fondato da chi non volle sottomettersi alla restaurazione del politeismo e che fu quindi costretto a fuggire dall'Egitto in cerca di una nuova terra per poter professare liberamente il nuovo credo monoteista. Terra promessa che dopo l'attraversamento del deserto fu trovata in Palestina.

Ma torniamo al riassunto delle puntate precedenti.
Abbiamo visto che in seguito ad un crollo logico-mistico-filosofico della scuola pitagorica - ma anche in seguito fisico, visto che la scuola venne bruciata - il modello pitagorico del cosmo basato sull'Aritmetica venne abbandonato e rimpiazzato con il modello di cosmo di Platone, basato sulla geometria.

Abbiamo anche visto che dopo la distruzione definitiva della Biblioteca di Alessandria in seguito alla conquista islamica dell'Egitto del 639 d.C. da parte del secondo califfo dell'Islam Omar ibn al-Khattāb, alcuni volumi custoditi nella Biblioteca sopravvissero: sia rimanendo in loco che venendo trasportati a Bisanzio; e che i primi vennero tradotti un paio di secoli dopo dagli Arabi, che nel frattempo si erano oramai evoluti e acculturati; e che fu proprio grazie a loro che molte di quelle opere, tradotte in seguito in latino, sono pervenute fino ai nostri giorni.

Circa un secolo e mezzo prima della distruzione della Biblioteca, inoltre, con la caduta dell'Impero romano d'Occidente era cominciato quel declino culturale che sarebbe durato diversi secoli; e la distruzione della Biblioteca di Alessandria fu un altro duro colpo che inflisse un'accelerazione a tale declino.
Un nuovo polo del sapere matematico (e non solo) venne però a ricostituirsi più di un secolo dopo la caduta della Biblioteca presso la cultura araba.

I matematici arabi ebbero il vantaggio di trovarsi in una posizione geografica che gli permetteva di accedere a tre grandi fonti di cultura: quella greca, quella babilonese e quella indiana.
Essi contribuirono alla disciplina con notevoli risultati, funzionando a volte come ponte culturale tra l'India e l'Europa e a volte come anello di congiunzione sintetica.

Nella prossime puntate parleremo dei matematici arabi ed in particolare del più celebre tra essi.

Indice della serie

sabato 2 maggio 2009

Un percorso storico tra Numeri e Geometria - Parte 9: ascesa e declino della Biblioteca di Alessandria

Dicevamo quindi che un nuovo polo del sapere matematico si ricostituì ad Alessandria ed in particolare nella Biblioteca di Alessandria.

In quei tempi Alessandria ospitava due fari: uno costruito con la forza muscolare ed il marmo, catalogato tra le Sette meraviglie del mondo antico, e l'altro costruito con la forza intellettuale ed il papiro, che catalogherei tra le meraviglie dell'intelletto umano. Ovviamente mi sto di nuovo riferendo alla Biblioteca.
Essa rimase per molti secoli il fulcro ed il faro della scienza antica.

Secondo alcuni studiosi (vedi anche "Le geometrie della visione" di Laura Catastini e Franco Ghione) addirittura l'ideazione del metodo scientifico sarebbe da attribuire agli scienziati della Biblioteca di Alessandria e non a Galileo Galilei.
Tra i vari esempi di applicazione del metodo scientifico si può sicuramente citare La Geografia di Claudio Tolomeo. Opera che contiene le coordinate di tutto il mondo abitato conosciuto allora: in tutto circa 8000 località.
Un altro esempio che si può citare è sicuramente anche la misurazione del meridiano terrestre da parte di Eratostene.

Il numero di opere letterarie che si conservavano nella Biblioteca di Alessandria è stimato in circa 700.000 volumi. Qualcuno asserisce che si sfiorasse addirittura il milione.

Come breve inciso volevo aggiungere che sono abbastanza convinto che quando Jorge Luis Borges scrisse il bellissimo racconto "La biblioteca di Babele" avesse in mente la Biblioteca di Alessandria; ed in un gioco di citazioni e rimandi Umbero Eco si ispirò alla biblioteca di Babele quando descrisse la biblioteca nel "Nome della Rosa". Non a caso il bibliotecario si chiamava Jorge da Burgos.

Tornando alla Biblioteca di Alessandria va sicuramente citato che la sua storia secolare fu piuttosto travagliata. Sopravvisse diverse catastrofi: distruzioni, incendi, terremoti e relative ricostruzioni. Alcune furono catastrofi naturali ma per la maggior parte furono causate da mano umana ed in particolar opera di religiosi fondamentalisti delle due grandi religioni monoteiste.

Risulterebbe che la prima catastrofe - un incendio, pare accidentale - fu opera delle truppe romane al seguito di Giulio Cesare.

Un'altro durante incendio - stavolta doloso - fu appiccato dalla comunità cristiana in seguito all'editto dell'imperatore Teodosio del 391 e su istigazione del vescovo cristiano della città, Teofilo, ostile alla cosiddetta "saggezza pagana". Chissà perché di solito si citano solo le persecuzioni dei Cristiani da parte dei Pagani (secondo alcuni storici troppo sovrastimate) e mai il viceversa.

"La biblioteca venne distrutta in modo definitivo dopo la conquista islamica dell'Egitto del 639 d.C. Fu allora che il destino della Biblioteca di Alessandria si compì tragicamente e definitivamente.
La tradizione riferisce che il secondo califfo dell'Islam Omar ibn al-Khattāb pronunciasse la celebre frase: «In quei libri o si parla di cose già presenti nel Corano, oppure d cose che del Corano non fanno parte: se sono già presenti nel Corano sono inutili, se non sono presenti allora sono dannose. Vanno quindi comunque distrutti». La parte relitta di quello che fu il centro della cultura classica fu così bruciata."

Parrebbe che alcuni volumi però sopravvissero: sia rimanendo in loco che venendo trasportati a Bisanzio. I primi vennero tradotti un paio di secoli dopo dagli Arabi che si erano oramai evoluti e acculturati. Fu proprio grazie a loro che molte di quelle opere, tradotte in seguito in latino principalmente dai benedettini, sono pervenute fino ai nostri giorni.

Immaginate invece quante furono le opere che andarono definitivamente perse nelle varie distruzioni. Chissà... Magari tra queste opere distrutte c'erano delle altre opere paragonabili ai gloriosi Elementi di Euclide....

Questa puntata è stat integrata il 24 novembre 2009 con la seguente:
Un percorso storico tra Numeri e Geometria - Parte 9 bis: ascea e declino della Biblioteca di Alessandria: Ipazia

Nella prossima puntata vedremo come dopo la distruzione della Biblioteca di Alessandria il polo del sapere matematico (e non solo) si ricostituì presso un'altra cultura.

Indice della serie